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Ci sono desideri che non si dicono a voce alta.
Perché fanno paura.
Non a chi li ascolta. A chi li prova.

Molti arrivano al BDSM da sottomessi, confusi tra eccitazione e colpa.
Ma anche chi si scopre Dominante attraversa tempeste:
“Mi eccita sottomettere. Umiliare. Prendere il controllo.”
“Che tipo di persona sono, se voglio questo?”

E poi ci sono quelli che sentono il bisogno di regredire.
Tornare piccoli. Essere accuditi.
Chiedere di essere allattati, di indossare un pannolino, di rinunciare a ogni autonomia.
Chi vive questa dinamica si chiede spesso:
“È una follia? È malattia?”

Viviamo in una società che chiama perversione tutto ciò che non capisce.
Ma il desiderio non ha doveri verso la normalità.
Ha solo il compito di rivelare chi siamo, nel modo più crudo e più vero.

Il Dominante sano non agisce per sadismo cieco.
Desidera il controllo come estensione della cura.
Vuole l’umiliazione non per distruggere, ma per smascherare le barriere.
Sente potere… e ne fa tempio.

Il sottomesso sano, anche nella regressione più profonda, è consapevole.
Non si perde: si affida.
Perché sa che in quel gioco estremo, c’è un accordo sacro che tiene tutto in equilibrio: il consenso.

Nel BDSM tutto può essere luce, anche ciò che nel mondo “fuori” è ombra.
Ma devi guardarti in faccia.
Ammettere il tuo desiderio.
E poi, decidere
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